Crematorio di Prato

Prato, 2012 (Breschistudio Associati)

Progetto
Alberto Breschi, Claudia Giannoni, Matteo Cecchi

 

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Ho cremato mio padre un giorno di Febbraio 2007. Era una giornata luminosa, una di quelle sorprese che spesso il mese di Febbraio ci regala. Il cielo terso e le colline attorno a Firenze sembravano annunciare la primavera che, di lì a poco, avrebbe reso manifesta la rinascita della vita. In questa atmosfera mi sentivo quasi sollevato, ma poco dopo, entrato all’interno del crematorio, iniziata la procedura in un locale chiuso e angusto, con uno squallido impianto simile ad una caldaia condominiale, la sensazione prevalente è stata quella di una disperata solitudine. Quel giorno è iniziato il progetto del crematorio. Nel silenzio di quei momenti che, seppur brevi, condensano un turbinio di sensazioni straordinario per intensità e coinvolgimento, ho pensato quanto sarebbe stato preferibile e migliore se tutta la vicenda si fosse svolta in un ambiente diverso. Poche cose essenziali: il rapporto con l’esterno, il più possibile diretto e coinvolgente in modo tale da unire con lo sguardo con­temporaneamente l’ambiente esterno, la natura, un prato, un albero, con il forno crematorio nella forma di un oggetto archetipo misterioso e simbolico come il parallelepipedo di Kubrick e infine, all’interno, un luogo isolato da cui poter assistere lontano da presenze estranee, nel tentativo di dare un senso al turbinio dei pensieri. Il fuoco, il mistero della morte; il ritorno alla natura, la rinascita.